I contesti di guerra sono, da sempre, un terreno di coltura per la diffusione delle malattie infettive. La carenza di assistenza medica, l’interruzione della sorveglianza epidemiologica, le condizioni di vita e la convivenza forzata degli sfollati, favoriscono lo spostamento dei patogeni, l’esposizione a possibili vettori e quindi il contagio.
In Ucraina alla pesante situazione bellica nella primavera del 2022, si aggiunge un basso tasso vaccinale che ha assunto maggiore valenza negativa dopo la segnalazione di un caso di Poliomielite nell’ottobre del 2021. Il basso indice vaccinale che accomuna l’est Europa, rappresenta un elemento di criticità in un contesto caratterizzato da una alta prevalenza di HIV e TBC, un rischio infettivo aumentato anche per il numero importante di pazienti con TBC multi-resistente ai farmaci.
La Drug-resitant tubercolosis
Da circa vent’anni è in corso, in Ucraina, un’epidemia di tubercolosi complicata dalla resistenza del patogeno ai farmaci. Sebbene il tasso di incidenza sia diminuito negli ultimi 15 anni, passando da 127 casi ogni 100mila abitanti nel 2005, a 42,2 casi ogni 100mila abitanti nel 2020, la prevalenza continua ad essere alta e le situazioni di guerra non sembra poter migliorare il quadro sanitario.
La DR-TB, ovvero la cosiddetta “Drug-resitant tubercolosis” prevede l’ospedalizzazione dei pazienti e un trattamento farmacologico particolarmente lungo, accompagnato da un sostegno psicologico per gli importanti effetti collaterali e per migliorare la compliance farmacologica. L’OMS stima che in Ucraina il 29% dei nuovi casi nel 2018 e il 46% dei pazienti già trattati, presentano una DR-TB. Lo stesso Anthony Fauci, balzato alle cronache nel corso della pandemia di Sars-CoV-2, ha affermato che la guerra in Ucraina potrebbe essere “devastante” per il controllo della tubercolosi nell’Europa orientale.
L’introduzione della Bedaquilina e del Delamanid hanno ridotto gli effetti collaterali, ma la multi-resistenza ai farmaci (MDR/RR-TB, multidrug-resistant TB or rifampicin-resitant TB) rischia di complicarsi in un contesto di guerra dove l’accesso alle terapie è ridotto o del tutto assente. Dal documento congiunto ECDC e OMS sappiamo, già dal 2019, che l’83% dei casi incidenti di tubercolosi nel Vecchio Continente si sono verificati nell’Europa orientale. La Russia e l’Ucraina sono tra i Paesi con un numero assoluto particolarmente elevato: 86mila la prima, 37mila la seconda.