Colera1

John Snow, il Colera e la pompa di Broad street

Erano gli anni ’30 dell’800. Un giovane studente di medicina a Newcastle, John Snow, nell’assistere i minatori di carbone affetti da colera, si rese conto che non vi potevano essere effluvi velenosi nelle strette gallerie, come invece si ipotizzava secondo la teoria miasmatica. I minatori erano duramente colpiti dal morbo ma per la classe medica dell’epoca le cause erano le esalazioni venefiche che provenivano dal terreno. Bisognerà aspettare la seconda metà dell’800 con l’approssimarsi della teoria dei germi, per vedere John Snow grande protagonista.
La pompa in Broad street. Foto di Alessandro Pejrano

Nel corso dell’epidemie di Colera che colpì Londra nel 1848, Snow già influenzato dalle sue osservazioni sui minatori di carbone a Newcastle, iniziò a ipotizzare che il morbo fosse provocato da un germe, la cui porta di ingresso (diremmo oggi) era lo stomaco via alimentare. Aveva appurato infatti che la mortalità era nettamente più alta tra le famiglie che attingevano acqua a valle del Tamigi rispetto a chi, fornendosi da un’altra compagnia idrica, attingeva a monte del fiume cittadino.

Con la nuova ondata epidemica tra agosto e settembre del 1854 Snow osservò che nel quartiere di Soho in soli 10 giorni si erano verificati oltre 500 morti da Colera e che i soggetti colpiti avevano attinto acqua dalla medesima pompa pubblica ubicata in Broad street (attuale Broadwick street). Quando Snow convinse le autorità londinesi a chiudere la pompa l’8 settembre, l’epidemia colerica cessò improvvisamente.

Nel 1855 il medico londinese pubblicava quello che oggi consideriamo uno dei primi testi di epidemiologia: “On the Mode of Communication of Cholera” anticipando molti dei concetti moderni dell’Igiene.  Egli tuttavia, non riuscì a convincere i colleghi ancora fortemente influenzati dalla teoria miasmatica e non poté nemmeno identificare il patogeno. Fu infatti Robert Koch qualche anno più tardi a scoprire nel 1883 l’agente eziologico del Colera, ovvero un batterio dalla forma ricurva e che “vibrava” grazie ai flagelli e per questo “battezzato” vibrio.

Il Vibrio cholerae

Oggi sappiamo che il Vibrio cholerae è un batterio Gram-negativo a trasmissione oro-fecale dove gli individui asintomatici sono un possibile serbatoio naturale. Il sierotipo più importante è quello denominato “O1” e nello specifico il biotipo El Tor ma nel 1992 fu identificato in India un nuovo sierotipo, chiamato “O-139” capace di infettare soggetti immunizzati verso O1. Si è ipotizzato che il nuovo sierotipo derivante molto probabilmente da El Tor sia stato capace di acquisire un nuovo antigene somatico grazie ad un trasferimento genetico orizzontale da un non-O1.

Il Colera ha un periodo di incubazione di 2-3 gg, la patologia -afebbrile- dura circa una settimana con vomito, crampi addominale e scariche diarroiche dal caratteristico aspetto di “acqua di riso”. Nelle forme gravi, la deplezione di elettroliti porta ad una severa disidratazione con un tasso di mortalità superiore al 70% nei pazienti non prontamente trattati con la somministrazione di elettroliti e liquidi.

Il sierotipo O1, che per innescare la malattia necessita di un’elevata carica microbica, presenta diversi fattori di virulenza, qui semplificati:

  • Enterotossina
  • Motilità grazie a flagelli polari
  • Produzione di mucinasi (enzimi idrolitici che attaccano la barriera dell’intestino degradando le glicoproteine presenti nel muco e facilitando l’invasione e la colonizzazione del patogeno nel tratto gastro-enterico.

Nella foto in portata indico la replica della pompa di acqua responsabile di gran parte dei decessi nell’epidemia di Colera nella Londra del 1854, ricostruita e posizionata il 20 luglio del 2018 per commemorare John Snow.

Comments are closed.